Usi e riti ebraici nell’arco della vita


La Torà ha dato le Leggi, (gli insegnamenti) anticamente tramandate oralmente, raccolte poi nel trattato della Mishnà (ripetizione) e nel Talmùd con l’aggiunta dei commenti di mistici illuminati e antichi Maestri (Rabbini).
Pur essendo l’ebraismo così rigido nei principi fondamentali codificati nei Dieci Comandamenti, è tuttavia in continuo fermento poiché segue l’evoluzione dei tempi.
I Maestri di oggi quindi discutono i grandi temi attuali (droga, aborto,trapianti, fecondazione artificiale, omosessualità...) alla luce della Torà. I loro pareri possono rappresentare una guida per i fedeli, fermo restando il principio, irrinunciabile per un ebreo, della libertà individuale.
Anche oggi, come in passato, vale il parere espresso dalla maggioranza: non c’è infatti un capo religioso cui venga riconosciuto un potere decisionale superiore.
L’osservanza dei precetti è sì un atto di sottomissione al comando divino, ma ha lo scopo di portare sacralità in tutti gli aspetti della vita, valorizzandola, senza annullarla, elevando anche la banalità del quotidiano per metterlo a contatto col sacro.
"Siate santi poiché sono santo Io, il Signore Dio vostro" e attraverso le mitzvòt il popolo ebraico tende a ciò distinguendosi dagli altri popoli, ma ognuno deve perseguire lo stesso scopo sia pure attraverso la propria cultura specifica.
Per raggiungere questo obiettivo, gli ebrei dovranno pertanto attenersi all’osservanza delle mitzvòt (precetti) ogni giorno della settimana, e il Sabato in particolare, e nei tempi stabiliti dal calendario, e nei momenti che segnano la vita di ciascuno dalla nascita alla morte.
La "circoncisione" (milà) rinnova ad ogni nascita di un bimbo ebreo maschio, il patto di Abramo che lega a Dio il popolo di Israele.
Questa deve essere effettuata l’ottavo giorno dopo la nascita: non è legata solo al patto con Dio ma ricorda anche che Dio creò il mondo in sei giorni, il settimo si riposò e l’ottavo ogni uomo riprende e "fa per Lui" per perfezionare con le sue opere (buone) l’opera di Dio.
Inoltre si impone al bambino il nome, precetto questo importante come emerge spesso dalla lettura del testo biblico.
Se la figlia è femmina si celebra "il dono della figlia" (Zèved ha-bat) dopo ottanta giorni con la sola imposizione del nome.
Il "riscatto del primogenito" (Pidjon ha-ben) avviene trenta giorni dopo la nascita: è il gesto simbolico del padre che consegna a un discendente dei Cohen (Sacerdoti) cinque monete, poi date in beneficenza. Infatti la nascita del primo figlio,maschio, può far nascere nel padre un senso di orgoglio, di potenza e potrebbe dimenticarsi che tutto gli viene da Dio. Tutte le primizie debbono essere offerte al Creatore.
I ragazzo giunto al compimento del tredicesimo anno di età diventa "figlio del precetto" (Bar mitzvà) cioè entra a far parte della comunità degli adulti ed è tenuto al rispetto delle mitzvot (precetti). Per le ragazze ciò avviene al dodicesimo anno e la cerimonia è detta Bat mitzvà cioè della figlia del precetto. È una specie di confermazione: corrisponde a quella che per i ragazzi cristiani è la Cresima.
La famiglia è al centro della vita comunitaria pertanto il matrimonio è un momento importante della vita, obbedisce al precetto"crescete e moltiplicatevi e popolate la terra", tuttavia la legge ebraica riconosce la possibilità di incorrere in un errore nella scelta del coniuge pertanto prevede il divorzio. (Di questo si parlerà più diffusamente nell’incontro sulla famiglia come pure dell’educazione dei figli).
La vecchiaia è, in seno alla comunità ebraica, una condizione di privilegio poiché i figli debbono assolvere il precetto di mantenere i genitori in uno stato di dignità e trattarli col massimo rispetto (Vedi il V° Comandamento). Numerosi passi del libro dei Proverbi sottolineano ciò. E se hanno discendenti è scritto "La corona dei vecchi sono i figli dei figli e la gloria dei figli, i padri" (Proverbi 17, 6).
Il lutto per la morte di uno dei genitori è il più grave e le regole da seguire sono particolarmente rigide. Il cadavere dopo il lavaggio viene avvolto in un lenzuolo di lino e deve essere sepolto nella terra in modo che il corpo torni rapidamente alla terra da cui proviene, sono pertanto vietate le riesumazioni. fedeli al detto "Ricorda, polvere sei e polvere ritornerai".
Le preghiere prescritte vanno recitate direttamente durante la sepoltura, (mai in sinagoga) e nella prima settimana di lutto, durante la quale ci si astiene da qualsiasi lavoro, non si esce di casa, ma si ricevono parenti e amici che insieme ricordano chi è appena mancato.
Nei trenta giorni che seguono si riprende il normale lavoro, ma astenendosi da feste e divertimenti. Tuttavia, per quanto il dolore per la perdita di una persona cara resti indelebile, è un precetto tornare ad una vita normale pur ricordando con le preghiere gli anniversari di anno in anno. Le visite al cimitero sono vietate nel giorno di Sabato o in qualunque altra festività essendo il luogo considerato impuro, quindi inadatto alla santità, dal momento che ormai l’anima ha abbandonato il corpo.
Tuttavia presso alcune comunità si usa mantenere inalterata la stanza e le cose del defunto per undici mesi ancora dopo la morte, recitando il qaddìsh (antica preghiera in aramaico con cui si santifica il nome di Dio), accendendo un cero ad ogni compimese, nella speranza di rendere meno doloroso il distacco dalle proprie cose. Ma forse questo è più un conforto per chi resta.
In Urbino l’attuale cimitero ebraico risale al 1874: è situato alle pendici del Monte degli Ebrei, in località Gadana, volto verso Gerusalemme.Vi sono numerose lapidi e cippi provenienti da quello antico ed alcune steli monumentali ottocentesche.
Il numero delle sepolture è senz’altro maggiore di quante ne indichino le iscrizioni tombali e ciò perché nell’epoca in cui Urbino è stata soggetta allo Stato Pontificio anche qui è stato applicato l’editto di papa Pio VI, che vietava di apporre lapidi nelle sepolture anche con il solo nome, in modo che dell’estinto si perdesse ogni traccia. Solo le sepolture di rabbini e sapienti erano esentate da questo decreto. A Roma questo decreto restò in vigore sino al 1848.
Quello più antico era situato poco lontano, ma, essendo il terreno franoso, fu abbandonato; risaliva alla fine del 1300.
Tutte le cerimonie, liete o tristi, che coinvolgono la famiglia, e pertanto private, debbono essere celebrate in seno alla Comunità e lo svolgimento del rito e la preghiera pubblica possono avvenire solo in presenza del miniàn (numero), cioè dieci maschi adulti.


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