7-9 giugno 2011 - Shavuot






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Fra la feste ebraiche bibliche più importanti in assoluto, è nota con il nome di Shavuoth.
La sua celebrazione ricorre fra maggio e giugno ed era in origine una festa agricola che coincideva i con l’ inizio della mietitura e la prima raccolta di frutta e vegetali.
I contadini ringraziavano Dio per sette settimane con l’ offerta di primizie, contate partendo dal giorno dopo la Pesah ( festa di liberazione dalla schiavitù egizia ); al cinquantesimo giorno terminavano le offerte portando due pani lievitati per famiglia, preparati solo con fior di farina, ad un rito collettivo in sinagoga. Cita la Bibbia:
“Conterai sette settimane; da quando si metterà la falce nella messe comincerai a contare sette settimane. Conterete cinquanta giorni fino all' indomani del settimo sabato e offrirete al Signore una nuova oblazione. Porterete dai luoghi dove abiterete due pani per offerta con rito di agitazione, i quali saranno di due decimi di efa di fior di farina e li farete cuocere lievitati; sono le primizie in onore del Signore” (Levitico 23, 15- 17). Da qui il nome Shavuoth, significante proprio “settimane”, ed il nome alternativo Atzeret, conclusione. D’ altronde Pentecoste deriva dal greco “cinquanta”.
Dal II secolo d. C., a diaspora già avvenuta, si diffuse invece presso gli ebrei una concezione più matura e profonda di questa festa, che divenne la ricorrenza della consegna delle Tavole della Legge a Mosè sul Monte Sinai.
Si mantennero anche le tradizioni precedenti, ma il significato della ricorrenza cambiò radicalmente. Ora la pentecoste era divenuta scopo e compimento della Pesah ed il premio per gli anni di schiavitù in Egitto: tutte le sofferenze passate e tutti i miracoli compiuti per liberare il popolo d’ Israele non erano altro che la preparazione ad un avvenimento ben più importante, la consegna della Torah (legge).

Così, nel giorno di Pentecoste gli ebrei ricordano il patto di Alleanza con Dio, suggellato con i Dieci Comandamenti; i quali non sono una limitazione alla libertà umana, bensì un aiuto ed un sostegno nella vita.
A questo proposito, molti rabbini paragonano la Torah alle ali della colomba:
secondo una nota leggenda, la colomba andò dal Signore a lamentarsi: un gatto la cacciava e lei era obbligata a correre tutto il giorno sulle fragili zampine. Impietosito, Egli le donò un paio d’ali.
Poco dopo però la colomba tornò dal Creatore: quelle ali pesanti erano un fardello da portare nella corsa. Ma Egli le rispose: “Non ti ho dato le ali perché tu le porti addosso, ma perché le ali portino te”.

La liturgia si arricchì, e il rituale cominciò a prevedere la lettura di determinati passi biblici:
la parashah ( Esodo, 19-20 ), racconto della consegna della Legge; l’ haftarah ( Ezechiele, 1-3, 12), visione dello splendore con cui Dio si è rivelato; il rotolo di Rut (Rut, 2, 12 ), che racconta la scelta di una straniera di appartenere al popolo ebraico, simbolo della conversione; il tiqqun, che significa riparazione, miglioramento.
Nella notte poi viene letta la Torah in casa e in sinagoga, con modalità diverse da comunità a comunità. Lo studio e la lettura della Legge non sono però fine a se stesse: secondo alcune dottrine, questa lettura aiuta moltissimo il vero compito dell’ ebreo, che consiste nel miglioramento del mondo creato appositamente imperfetto da Dio.
Tra l’ altro, la Pentecoste cristiana coincide con quella ebraica. Non c’è relazione diretta fra le ricorrenze, ma i simboli utilizzati per indicare la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli ( forte vento e lingue di fuoco ) ricordano molti quelli utilizzati dagli ebrei per testimoniare la presenza di Dio sul Sinai.
Questo a sottolineare ancora una volta la derivazione ebrea del cristianesimo.

Fonte: LA PENTECOSTE EBRAICA di Lorenzo Pallini

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